Dopo 24 anni di assenza, “I Vespri siciliani” di Verdi tornano al Teatro alla Scala, dal 28 gennaio al 21 febbraio, in un nuovo allestimento firmato da Hugo de Ana. Sul podio Fabio Luisi alla guida di un cast capitanato da Marina Rebeka, Piero Pretti e Luca Micheletti.
SPETTACOLI
Virginia Woolf debutta al Met
New York – Metropolitan Opera | Puts, The Hours, McDermott (reg.), Nézet-Séguin (dir.), DiDonato, Fleming, O’Hara
V
irginia Woolf ci ricorda che il tempo esiste solo in quanto percezione. Come Clarissa Dalloway, tutti percepiamo il tempo nell’istante presente, ma tale istante risuona di istanti passati – i ricordi – e di istanti futuri – i sogni. Col passare del tempo anche i sogni diventano ricordi, fantasmi, presenze, ossessioni. Proprio al pensiero di ciò che poteva essere ma non è stato, e all’impossibilità di trattenere ciò che non c’è più, dà voce The Hours, quarta opera del compositore premio Pulitzer Kevin Puts che ha appena debuttato al Metropolitan Opera di New York.
Nata da un’idea del soprano Renée Fleming, che ha suggerito a Puts di comporre un’opera sull’omonimo romanzo di Michael Cunningham già adattato per il cinema nel 2002 da Stephen Daldry (protagoniste Meryl Streep, Nicole Kidman e Julianne Moore) The Hours mette in scena una giornata nella vita di tre donne che vivono in luoghi e tempi diversi.
A Richmond, nel 1921, Virginia Woolf (Joyce DiDonato) lavora alla stesura di Mrs. Dalloway, il romanzo che Laura Brown (Kelli O’Hara), moglie e madre intrappolata in una vita solo apparentemente perfetta, legge a Los Angeles nel 1949.
Nella New York di fine anni ’90 un’altra signora Dalloway, l’editor Clarissa Vaughn (Renée Fleming), prepara una festa per l’amico Richard, poeta malato di AIDS, amore di un’estate perduta e, al tempo stesso, amore di una vita intera. Come la signora Dalloway, di cui porta il nome, Clarissa esce a comprare dei fiori, innescando così incontri imprevisti e reazioni emotive inattese.
A partire dall’eccellente libretto di Greg Pierce, che condensa in un dettato asciutto e nervoso la prosa di Cunningham, la scrittura musicale di Kevin Puts inquadra efficacemente i tre piani del racconto attraverso una chirurgia delle emozioni ricca di spunti drammatici ed elegiaci.
Se le “ore” del titolo sono quelle che legano le tre protagoniste – una paradossale unità aristotelica che valica spazio e tempo – il ticchettio degli istanti è presenza ossessiva in una partitura che si snoda come flusso di coscienza ininterrotto, magistralmente plasmato dalla bacchetta di Yannick Nézet-Séguin. Dall’essenzialità degli squarci sinfonici al cesello strumentale che asseconda le voci, dalla gestione degli insiemi ai momenti di intimità, il maestro canadese, che del Met Opera è direttore musicale, si conferma interprete versatile e di grande sensibilità.
Altrettanto versatili e di notevole impatto le prove vocali. Joyce DiDonato dà vita e voce potente a una Virginia Woolf di straordinaria intensità, forse il personaggio drammaturgicamente più riuscito.
Kelli O’Hara, veterana di Broadway, spicca per credibilità drammatica nel ruolo di Laura, costantemente in bilico tra rassegnazione e speranza.
Renée Fleming, tornata al Metropolitan cinque anni dopo l’addio ai titoli di repertorio, eccelle nel tratteggiare il lirismo di Clarissa, un lirismo nutrito di dilagante nostalgia che raggiunge l’apice nell’ultimo dialogo con Richard, interpretato ottimamente dal basso-baritono Kyle Ketelsen.
Ragguardevoli, seppure meno sviluppati sul piano drammaturgico, gli altri ruoli comprimari, a partire da Denyce Graves nel ruolo di Sally, compagna di Clarissa.
La regia di Phelim McDermott riesce nel non facile compito di dare coerenza drammatica a una polifonia che non è solo molteplicità di voci, ma anche di spazi e tempi: pochi fluidi elementi sulla scena e l’uso sapiente delle luci, unitamente ai movimenti del coro e a quelli, talvolta un po’ invadenti, del corpo di ballo, uniscono i mondi di Virginia, Laura e Clarissa fino all’assoluta semplicità del trio conclusivo, in cui le protagoniste si uniscono in un malinconico commiato che strizza l’occhio al finale del Rosenkavalier.
Metropolitan stracolmo alla prima e prossime recite – sino al 15 dicembre – quasi sold-out: un successo che rassicura sullo stato di salute del teatro d’opera contemporaneo, almeno di quello che, con le sue storie e i suoi personaggi, riesce ancora a parlare il linguaggio delle emozioni.
Foto: Kelli O’Hara, Renée Fleming e Joyce DiDonato, le tre protagoniste di The Hours © Evan Zimmerman / Met Opera
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