Dopo 24 anni di assenza, “I Vespri siciliani” di Verdi tornano al Teatro alla Scala, dal 28 gennaio al 21 febbraio, in un nuovo allestimento firmato da Hugo de Ana. Sul podio Fabio Luisi alla guida di un cast capitanato da Marina Rebeka, Piero Pretti e Luca Micheletti.
Il primo Don Giovanni
I
l primo Don Giovanni in musica, ben prima di Mozart.
È il 17 febbraio 1669, e a Roma, nel Teatro Colonna, si è dato appuntamento chi conta in città. Porporati, certo, visto che lo spettacolo è promosso dai cardinali Flavio Chigi e Giacomo Rospigliosi, ma pure aristocratici tipo Lorenzo Onofrio Colonna e Agostino Chigi, altri sponsor dell’evento. Solo due donne in sala, la regina senza più trono Cristina di Svezia e, in incognito, la moglie del Colonna, Maria Mancini. Nemmeno una sul palco, sostituite da castrati. Occasione per un tale raduno è appunto un Don Giovanni, che però qui non si chiama così.
Si intitola L’empio punito e non si svolge in Spagna, bensì in Macedonia, a Pella, luogo natale di Alessandro Magno: una antichità anacronistica, dato che ai personaggi dai bislacchi nomi grecizzanti è consentito circolare portando armi da fuoco.
Autore il pistoiese Alessandro Melani, uno dei tanti fratelli Melani che, con abilità e talento, sono riusciti a conquistarsi un posto al sole nella vita musicale del Seicento. E non solo lì, giacché Atto Melani, oltre a essere un apprezzatissimo evirato dalla voce di soprano, da diplomatico e spia contribuisce a tessere le trame della politica europea per conto della Francia o della Chiesa, a seconda dei momenti (a lui la coppia di scrittori Rita Monaldi – Francesco Sorti ha dedicato i cinque romanzi del ciclo Imprimatur). Pare che con le sue manovre, nel 1667, abbia addirittura favorito l’elezione a pontefice del concittadino Giulio Rospigliosi, Clemente IX, già autore di diversi libretti operistici per il teatro romano dei Barberini negli anni in cui era papa un membro di quella famiglia, ossia Urbano VIII.
Un altro dei fratelli Melani, Jacopo, si rammenta per l’attività di compositore di commedie per musica, come Il podestà di Colognole che ha inaugurato il Teatro della Pergola a Firenze nel 1657.
Quando compone L’empio punito, il trentenne Alessandro a Roma è un’autorità in quanto maestro di cappella nella basilica di Santa Maria Maggiore. Al pari degli altri familiari può valersi della protezione di Clemente IX, fratello del suo padrino di battesimo, e del principe Lorenzo Onofrio Colonna, nel cui teatro Jacopo Melani ha portato in scena l’anno prima il Girello.
D’altronde a libro paga del papa o dei Colonna si trova buona parte del cast vocale dell’Empio e la decina di strumentisti coinvolti: cantori pontifici sono il basso Francesco Verdoni e il castrato Giuseppe Fede, pure salariato dei Colonna insieme ai “musici” Giovanni Paolo Bonelli e Pietro Paolo Visconti. All’ombra del casato principesco si muove anche l’autore del libretto Filippo Acciaiuoli, poeta e teatrante giramondo la cui famiglia ha radici fiorentine.
Proprio al modello toscano di spettacolo musicale pare uniformarsi l’allestimento dell’Empio punito, la cui scenografia tanto fastosa da lasciare il pubblico a bocca aperta guarda alle produzioni della Pergola – Acciaiuoli è membro dell’Accademia degli Immobili, gestori di quel teatro – affidate allo scultore e architetto della corte medicea Ferdinando Tacca: a lui si devono le scene del Podestà di Colognole e della sontuosa Hipermestra di Francesco Cavalli.
Chi abbia firmato quelle dell’Empio non si sa: forse lo stesso Acciaiuoli, che possiede le competenze per occuparsene, magari con Tacca a dargli una mano. Sembra che per metterlo su siano serviti seimila scudi, un’enormità. Risultato di questo scialo di denari, a parte lo stupore per gli occhi, un certo tedio per le orecchie stando alle cronache.
Nel 1669 il soggetto dell’Empio punito può vantare una fortuna teatrale già rilevante malgrado circoli sulle scene da appena mezzo secolo. La prima notizia che se ne ha risale al 1615: a Ingolstadt, in Baviera, la storia di Don Giovanni parlava latino. Italiano, magari dialettizzato, in commedie all’improvviso allestite a Napoli durante il decennio successivo. Spagnolo nel Burlador de Sevilla di Tirso de Molina pubblicato a stampa nel 1630.
Di nuovo italiano nel Convitato di pietra del fiorentino Giacinto Andrea Cicognini, testo debitore alla commedia dell’arte tanto quanto il Convitato di Giovan Battista Andreini, opera-monstre del 1651, chissà se allora rappresentata, che incorporava vari generi, il tragico, il pastorale, il dramma sacro, la commedia con lazzi, la festa mitologica, più inserti musicali. Nello stesso periodo l’Arlecchino Domenico Biancolelli e lo Scaramuccia Tiberio Fiorilli trasportavano a Parigi la figura di Don Giovanni, e Molière ne ricavava la sua versione in cui lui interpretava la parte del servo Sganarello.
Come in qualsiasi melodramma secentesco, la trama dell’Empio punito di Acciaiuoli-Melani è così intricata che servirebbe una bussola per orientarsi. Comunque il protagonista playboy si chiama Acrimante e canta da castrato soprano, il suo servo Bibi, basso, se la fa con Delfa, nutrice dall’ugola di tenore, mentre l’equivalente del Commendatore mozartiano ha nome Tidemo, ugualmente tenore. È lui che Acrimante uccide e poi ne invita la statua a cena.
Di recitativi, ariosi, arie, duetti, cori e due balli (di furie e di statue) consiste la partitura. Basandosi sui manoscritti conservati alla Biblioteca Apostolica Vaticana e alla Library of Congress di Washington, Luca Della Libera ne ha curato l’edizione moderna pubblicata negli Stati Uniti, non in Italia – come magari avrebbe meritato.
Da noi comunque L’empio punito è tornato sulle scene dopo secoli grazie a due produzioni differenti programmate a pochi giorni di distanza, nell’autunno 2019: a Roma, nel Teatro di Villa Torlonia per il Reate Festival, con Alessandro Quarta direttore, regia Cesare Scarton, protagonista Alessandro Ravasio; al Teatro Verdi di Pisa protagonista Raffaele Pe, Carlo Ipata sul podio, Jacopo Spirei regista.
Ne sono testimoni un dvd Dynamic l’una e un cd Glossa per l’altra.
n.b. Questo “Ricercare” è ispirato da: Introduction ad Alessandro Melani, L’empio punito, edizione a cura di Luca Della Libera, Middleton (Wisconsin), A-R editions, 2022
Nelle foto dall’alto: L’empio punito negli allestimenti andati in scena nel 2019 a Pisa con la regia di Jacopo Spirei, Raffaele Pe nel ruolo di Acrimante, Carlo Ipata sul podio e a Roma con la regia di Cesare Scarton, Alessandro Quarta sul podio e Alessandro Ravasio come Acrimante