Dopo 24 anni di assenza, “I Vespri siciliani” di Verdi tornano al Teatro alla Scala, dal 28 gennaio al 21 febbraio, in un nuovo allestimento firmato da Hugo de Ana. Sul podio Fabio Luisi alla guida di un cast capitanato da Marina Rebeka, Piero Pretti e Luca Micheletti.
Radio Days
L
a storia della musica alla radio l’ha scritta l’abate Casti alla fine del Settecento, con il libretto di Prima la musica e poi le parole messo in musica da Antonio Salieri e da Giovanni Paisiello. Considerato il riferimento alla radio, anzi, sarebbe meglio citare forse l’ultima opera di Strauss, Capriccio, che nasceva dall’idea (di Stefan Zweig) di un rifacimento novecentesco della commedia di Casti.
La radio, infatti, è stato il primo mezzo di comunicazione alimentato dall’energia elettrica, quindi si può dire che sia la madre di tutta la modernità. Ricordate la frase di Lenin? Il socialismo è il potere dei soviet più l’elettrificazione di tutto il paese. Se la Rivoluzione d’ottobre correva sui fili dell’alta tensione, la comunicazione di massa ha mosso i primi passi sulle onde elettromagnetiche.
Non c’è niente che racconti il Novecento meglio della radio, anche se ormai siamo in un altro secolo, e la musica, anche quella data molte volte per spacciata, sprezzantemente o stupidamente etichettata come “classica”, ha sempre fatto parte di questa narrazione contemporanea.
Dal 1927, anno di fondazione della British Broadcasting Corporation, modello di servizio pubblico radiofonico per la maggior parte delle emittenti nazionali europee, compresa la Rai, musica e informazioni sono sempre state le due colonne su cui si appoggiava la radio, secondo l’impostazione immaginata dal grande architetto della BBC, il leggendario Sir John Reith.
Musica e parole, in effetti, vanno a braccetto ancora oggi alla radio, naturalmente in forme diverse da quelle di allora.
Ricordo un grande dirigente della Rai, Paolo Donati, che per spiegare il mestiere a noi giovani conduttori alle prime armi raccontava che la radio, in fondo, non era altro che chiacchiera e disco, chiacchera e disco (lui usava un’altra espressione, più romanesca, ma il concetto è quello). Naturalmente Paolo era il primo a sapere che le cose, in realtà, non stanno così, e che parlare di musica alla radio è molto più complicato.
Era stato proprio lui, per esempio, a svecchiare lo stile delle dirette radiofoniche, che un tempo si facevano chiusi in un gabbiotto nel retropalco, accanto al reparto tecnico, con un monitor per vedere l’ingresso dei solisti e del direttore. Abbiamo buttato alle ortiche lo stile compunto e ingessato di prima, e siamo scesi in sala, intervistando gli artisti prima e dopo il concerto o lo spettacolo, raccontando quel che accadeva, dialogando con il pubblico.
Le dirette sono un elemento essenziale della narrazione musicale alla radio. Radio3, per esempio, dove io lavoro, trasmette moltissima musica dal vivo nel corso dell’anno con Il cartellone. In questo la Rai ha un primato assoluto.
La BBC, per esempio, trasmette dal vivo quasi esclusivamente i Proms dalla Royal Albert Hall di Londra, la più imponente e popolare stagione di concerti al mondo. Sono tantissimi e di altissima qualità, da fine luglio a settembre, e sono per così dire una specialità della casa, visto che sono organizzati dalla stessa BBC, ma sono solo quelli.
Al di fuori dei Proms, la BBC trasmette pochissima musica in diretta, mentre la programmazione di Radio3 è costellata lungo tutto l’anno di collegamenti con teatri e sale di concerto in Italia e all’estero (compresi i Proms, naturalmente, che trasmettiamo in abbondanza e in diretta grazie a quella fantastica iniziativa che è il circuito Euroradio, un network di emittenti di tutto il mondo che offrono ai consociati il meglio della loro programmazione).
Naturalmente raccontare la musica e l’opera in diretta implica un margine d’incertezza, perché si rimane esposti ai capricci del caso, ma costringe anche a un racconto vivo e senza orpelli. I colleghi della BBC ammirano le nostre doti di improvvisatori, mentre noi forse invidiamo loro l’impeccabile organizzazione, senza sbavature né sorprese.
Sono stili diversi ma entrambi nobili, in fondo noi abbiamo inventato la commedia dell’arte, loro hanno avuto Shakespeare.
L’improvvisazione, come dicevo, è un elemento essenziale, in certe circostanze. Cito un esempio a caso, tanto per rendere l’idea. Questa estate a Radio3 trasmettevamo un concerto in diretta dalla Francia, in programma A Sea Symphony di Ralph Vaughan Williams, un lavoro sinfonico corale che comprende anche un soprano e un baritono. Verso la fine del primo movimento, la musica s’interrompe e sentiamo un brusio in sala. Dopo un paio di minuti, che alla radio sono un’eternità, lo speaker francese spiega che la cantante ha avuto un mancamento, probabilmente per il caldo torrido della chiesa. Non aggiunge altro, e parte subito dopo una riserva musicale di Radio France.
In queste situazioni, bisogna essere preparati a tappare la falla, ma ci vuole un po’ per organizzare una difesa. Si prende tempo parlando della Sinfonia di Vaughan Williams, degli interpreti, del festival da dove stiamo trasmettendo, sempre con un orecchio a Radio France per capire come si evolve la situazione. È finita che dopo una ventina di minuti il concerto è ripreso, con grande sollievo di tutti per la salute del nostro soprano.
Al di là degli aneddoti, trasmettere molta musica in diretta corrisponde alla natura del servizio pubblico, a mio modo di vedere. Fare dirette dai teatri, dai festival, dalle associazioni concertistiche è certamente un lavoro oneroso, ma permette di mettere in risalto e di diffondere l’attività di istituzioni finanziate in gran parte dallo Stato.
È importante che i contribuenti si rendano conto di come sono adoperate le risorse pubbliche, ed è sacrosanto che tutti, almeno in parte, possano godere i frutti di questo tessuto culturale creato nel tempo con tanto lavoro e con tanto dispendio di denaro. La radio, più piccola e agile della televisione, può raggiungere il pubblico in maniera capillare e arrivare in luoghi dove difficilmente sarebbe possibile piazzare una telecamera.
Il tema delle dirette è importante, ma alla radio si parla di musica in molti altri modi, con una grande varietà di format e di stili. Magari sarà l’argomento di un prossimo intervento, se avrò ancora l’onore di essere un Ospite di Music Paper.
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