Dopo 24 anni di assenza, “I Vespri siciliani” di Verdi tornano al Teatro alla Scala, dal 28 gennaio al 21 febbraio, in un nuovo allestimento firmato da Hugo de Ana. Sul podio Fabio Luisi alla guida di un cast capitanato da Marina Rebeka, Piero Pretti e Luca Micheletti.
Per amore di Maria
Viaggio a ritroso nel tempo A ROMA Nella basilica di santa maria maggiore, da secoli luogo di devozione del culto mariano. dA Papa francesco in preghiera dinanzi all’icona “Salus populi romani” a papa paolo V che nel 1600 la fece collocare lì. Domenico allegri, alessandro melani, il coro delle salve… dopo 400 ANNI LA musica composta, cantata e suonata NELLA CAPPELLA PAOLINA continua a emozionare l’ascoltatore del ventunesimo secolo.
N
el marzo di due anni fa, in pieno lockdown, due foto fecero il giro del mondo: ritraevano Papa Francesco.
Nella prima, camminava in una via del Corso deserta e nella seconda era ritratto nella Cappella Paolina della Basilica di Santa Maria Maggiore. Era voluto uscire a sorpresa dal Vaticano per andare a pregare per la fine della pandemia in due luoghi speciali. Il primo è la Chiesa di San Marcello al Corso, dove si trova un Crocefisso che secondo la tradizione salvò i romani dalla peste.
La seconda è la Salus populi romani, la protettrice della Città Eterna, l’icona mariana più importante del mondo. Papa Paolo V la collocò al centro della Cappella Paolina, dove egli è sepolto, consacrata nel 1613 dopo sette anni di lavori e una spesa che superò i trecentomila scudi. A questo progetto dotato di elaborati programmi iconografici lavorarono tra gli altri artisti come Guido Reni, Stefano Maderno e il Cavalier d’Arpino.
Vale la pena segnalare che il papa Paolo V nel 1610, proprio nel periodo che vide la realizzazione della Cappella, è stato il dedicatario del Vespro della Beata Vergine, capolavoro indiscusso di Claudio Monteverdi. In occasione del suo viaggio a Roma il compositore cremonese sperò invano di incontrare il Papa per offrirgli di persona la sua musica, chiedere un posto gratuito per il figlio Francesco nel Seminario Romano e magari sondare la possibilità di ottenere per se stesso una sistemazione, avendo in animo da qualche tempo di lasciare la corte dei Gonzaga a Mantova.
Non è quindi da escludere che Monteverdi avesse composto e dedicato il Vespro della Beata Vergine in previsione di una sua possibile esecuzione in quella che stava per diventare la più imponente cappella mariana del cattolicesimo.
Pochi sanno però che questo luogo di devozione ebbe da subito una formazione musicale stabile. Nel 1615 il cardinale Scipione Borghese, che era anche il protettore della Cappella, ne approvò gli Statuti. Tale istituzione era formata da un priore, quattro chierici, dodici cappellani, uno dei quali era responsabile di dodici musicisti: il maestro di cappella, l’organista e dieci cantanti. Il coro era quindi composto di quattro soprani, due contralti, due tenori e due bassi. Il maestro di cappella era scelto direttamente da una sola persona, il cardinale Borghese.
Il repertorio musicale nella Cappella Paolina a Santa Maria Maggiore era costituito dalle Litanie per la Beata Vergine e dalle antifone mariane, in particolare dalla Salve Regina. Per questo motivo il coro fu chiamato le Salve e la sua gestione amministrativa era affidata direttamente alla famiglia Borghese.
Scipione Borghese decise di chiamare al proprio servizio i musicisti che già facevano parte della Cappella Liberiana della Basilica di Santa Maria Maggiore. Il primo maestro fu, dal 1616, Domenico Allegri (Roma, 1585 – 1629), fratello del più celebre Gregorio (autore del celeberrimo Miserere), che era a capo della Cappella Liberiana dal 1610. Come organista fu chiamato Paolo Quagliati (Chioggia, ca. 1555 – Roma, 1628), anch’egli in servizio nella stessa istituzione dal 1591.
Alessandro Melani (Pistoia, 1639 – Roma, 1703), fu maestro delle Salve dal 1667 all’anno della sua morte. Melani apparteneva a una famiglia di musicisti. Il fratello maggiore Atto (Pistoia, 1626 – Parigi, 1714) fu un importante cantante castrato e compositore, attivo anche come diplomatico in Francia, mentre Jacopo (Pistoia, 1629 – 1676) fu autore di opere comiche. I rapporti di parentela e i legami con importanti famiglie pistoiesi giocarono un ruolo decisivo per la fortuna sociale e musicale dei Melani.
La carriera di Alessandro era iniziata come cantore nella cattedrale della propria città, dove fu attivo tra il 1650 e il 1660. In seguito fu maestro di cappella nella cattedrale di Orvieto e poi a Ferrara. Tornato a Pistoia nel dicembre 1666, nel giugno 1667 fu nominato maestro di cappella della cattedrale. Pochi giorni dopo, il 20 giugno, lo troviamo a Roma insieme ai suoi due fratelli per l’elezione al soglio pontificio del loro concittadino Giulio Rospigliosi, Clemente IX. Grazie al nuovo papa Melani assunse, il 16 ottobre dello stesso anno, la nomina di maestro di cappella nella basilica di Santa Maria Maggiore, dove mantenne tale incarico fino al 1672, quando passò, con la stessa qualifica, nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, per rimanervi fino alla sua morte. In realtà Melani non abbandonò del tutto Santa Maria Maggiore; poco dopo aver assunto il magistero della Cappella Liberiana, il musicista toscano ebbe anche quello delle Salve, che mantenne fino alla sua morte, avvenuta nel 1703.
Preghiere di tradizione plurisecolare, costituite da una serie di acclamazioni e invocazioni alla Madonna, le litanie non avevano una posizione ufficiale nella liturgia, ma erano cantate di consuetudine alla fine dei vespri e alla compieta con l’antifona del giorno. Il loro testo compendia tutta la speranza, l’amore e la devozione dei fedeli nei confronti di Maria e allo stesso tempo ne elenca le virtù, gli attributi e le funzioni che le sono stati attribuiti dalla teologia. La prima e l’ultima parte del testo, il Kyrie e l’Agnus Dei, possono essere considerati come l’exordium e la peroratio secondo una ripartizione retorica: essi fanno appello alla misericordia divina, e quindi possono essere considerati la parte “passionale” del testo, quella che “com-muove” in opposizione a quella “dimostrativa”.
La prima testimonianza seicentesca dell’esecuzione delle litanie a Roma nel Seicento risale al 1607, quando Ludovico Viadana (1560 – 1625) pubblica a Venezia le Letanie che si cantano nella Santa Casa di Loreto, et nelle Chiese di Roma ogni Sabbato, et feste della Madonna. La produzione di Viadana si può considerare il punto di partenza della grande diffusione di questo repertorio: è stato calcolato che durante tutto il secolo ne siano state pubblicate circa trecento edizioni a stampa.
Il caso di Alessandro Melani è particolarmente interessante, essendo il primo maestro delle Salve per il quale sia rimasto un corpus compatto di manoscritti musicali espressamente dedicati alla Cappella Paolina. Il trentennio durante il quale il maestro toscano fu a capo delle Salve è quello più ricco anche di documentazione archivistica. I libri contabili della Cappella registrano con una certa regolarità i pagamenti per i servizi prestati dai musicisti e dal loro maestro di cappella, e Melani nel suo testamento decise di donare tutta la sua musica scritta per la Cappella Paolina all’Archivio della Basilica.
Nel repertorio di Melani (che ho lungo studiato e al quale ho dedicato il volume Alessandro Melani, Music for the Pauiline Chapel of Santa Maria Maggiore, A-R Editions, 2017) si respira un clima di intima partecipazione emotiva, in una dimensione sonora estranea alla solennità impersonale di tante pagine coeve. I brani di Melani che vedevano impiegati tutti i cantanti delle Salve erano scritti a parti reali: ciascun cantante era un solista.
Si tratta di un caso molto particolare nelle istituzioni musicali romane, ed ha contribuito alla creazione di un “paesaggio sonoro” speciale nella Cappella Paolina. I due cori erano collocati nelle due cantorie ai lati dell’altare, quindi non troppo distanti tra loro. Sono convinto che questo spazio abbia avuto un ruolo non marginale nelle scelte compositive di Melani.
La sua musica presenta un’armonia molto avanzata e con pochi paragoni nella produzione coeva di altri musicisti romani. Lo schema retorico dei testi e la loro realizzazione musicale risultano così in sintonia con il programma ideologico espresso nel ricco apparato iconografico della Cappella voluto da Paolo V per riaffermare il culto mariano.
Tre secoli dopo, questa musica non ha perso il suo fascino e la sua carica comunicativa. Pagine sublimi, come la prima parte di Ave regina caelorum o il meraviglioso Agnus Dei che chiude le Litanie per la Beata Vergine, continuano a emozionare l’ascoltatore del ventunesimo secolo.
Foto: in cover Papa Francesco, nel 2020, in preghiera dinanzi all’icona mariana Salus populi romani, protettrice della Città Eterna; una veduta dell’apparato pittorico della cupola della basilica romana di Santa Maria Maggiore; un celebre dipinto di Giovanni Paolo Pannini (1744) che ritrae la facciata della basilica