Dopo 24 anni di assenza, “I Vespri siciliani” di Verdi tornano al Teatro alla Scala, dal 28 gennaio al 21 febbraio, in un nuovo allestimento firmato da Hugo de Ana. Sul podio Fabio Luisi alla guida di un cast capitanato da Marina Rebeka, Piero Pretti e Luca Micheletti.
Metti un Natale in musica nella Roma barocca
Un viaggio nella Città Eterna in compagnia di Alessandro Scarlatti, fra Messe, Vespri e “musiche straordinarie” nel periodo natalizio. La Basilica di Santa Maria Maggiore, la liturgia e le devozioni, la bellezza del canto e degli strumenti, e il primo capolavoro del celebre compositore siciliano, alla cui esecuzione prese parte anche il figlio Domenico.
L’
illustrissimo vescovo di Bamberga per godere di queste devozioni del Natale fu privatamente lunedì sera nella Chiesa di Sant’Apollinare in un palco apparato a sentire ivi la messa della mezzanotte e goder della soave e dolce musica che vi si sente in simili occasioni di varij concerti con ogni sorte d’instromenti».
Questo Avviso del 1619 conservato nell’Archivio Apostolico Vaticano testimonia come il calendario liturgico nella Roma barocca scandisse le numerose occasioni per le quali nelle basiliche e nelle chiese si organizzavano esecuzioni di musica sacra. Da una parte l’officiatura quotidiana e domenicale, dall’altra le cosiddette “musiche straordinarie” in occasione di feste solenni, come la dedicazione della chiesa, le liturgie della Settimana Santa e del Natale.
In queste celebrazioni i cantanti e strumentisti “forestieri” – appartenenti cioè ad altre istituzioni romane – si aggiungevano ai musicisti salariati. Le cappelle musicali, con pochissime eccezioni, non avevano al loro servizio strumentisti ma solo i cantori e l’organista.
Dall’inizio del Seicento la città eterna aveva visto crescere notevolmente il numero di tali organismi sullo stimolo delle istanze postconciliari, che avevano favorito non solo l’istituzione di complessi musicali stabili nelle grandi chiese e basiliche, ma anche la nascita e l’ascesa di nuove congregazioni religiose e di confraternite laiche.
Le istituzioni musicali erano presenti in basiliche o chiese con un ricco capitolo, come San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Lorenzo in Damaso e Santa Maria in Trastevere, ma anche in chiese di una congregazione religiosa, come Santa Maria in Vallicella (Congregazione dei Filippini), Sant’Andrea della Valle (Gesuiti) e Santa Maria sopra Minerva (Domenicani), e nelle sedi di congregazioni laiche a carattere nazionale, devozionale o professionale, tra le quali San Luigi dei Francesi, Santa Maria dell’Anima (la chiesa nazionale tedesca) e San Giacomo degli Spagnoli.
A queste si aggiungevano i monasteri femminili, i collegi, le confraternite e gli ospedali, come Santo Spirito in Sassia e San Giacomo degli Incurabili. In quest’ultimo trovò il suo primo incarico come maestro di cappella nel 1679 il diciottenne Alessandro Scarlatti.
Nella Basilica di Santa Maria Maggiore la consuetudine di arricchire la sonorità della liturgia natalizia con l’impiego di strumenti musicali risale agli ultimi due decenni del Cinquecento. Nel 1581 il maestro di cappella Nicolò Pervé ricevette cinque scudi «per li musici cioè tromboni et cantori che hanno aiutato queste feste di Natale».
Scorrendo i documenti amministrativi della Basilica troviamo testimonianze analoghe lungo tutto il Seicento. Dagli anni Settanta è documentata la presenza sistematica della formazione tipica della Sonata a tre: due violini e strumento grave (liuto oppure organo). Arcangelo Corelli era di casa. Il grande violinista e compositore si esibì nella Basilica per quasi cinquant’anni, dal 1676 al 1712. Non è quindi improbabile che il suo famoso Concerto fatto per la notte di Natale sia stato eseguito in questo contesto.
Per il Natale del 1707 siamo fortunati: abbiamo a disposizione sia fonti d’archivio sia manoscritti musicali. In quell’anno il maestro di cappella era Alessandro Scarlatti, che aveva assunto l’incarico pochi mesi prima. Nell’Archivio Capitolare della Basilica è conservato un documento di grande interesse. Leggiamo: «Lista per la Messa di Spagna nel giorno di S. Idelfonso li 23 Gennaio 1708 e per la Notte di Natale, e Vespro del giorno».
Si tratta di un elenco, redatto da Scarlatti, di musicisti intervenuti in tre distinte occasioni. La prima è la festa di Sant’Idelfonso, il 23 gennaio, chiamata “Messa di Spagna” perché faceva parte di una serie di feste dedicate alla Spagna, con la quale la Basilica aveva un legame molto stretto. Nel 1647 era stata fondata l’Opera Pia di Spagna, un’istituzione voluta dal re Filippo IV per celebrare la propria casa reale anche attraverso l’organizzazione di liturgie solenni. La seconda occasione è la Notte di Natale, per la quale sono pagati due violini e un violoncello. La terza è il Vespro di Natale. Accanto ad ogni nome, sulla destra, è indicato il compenso.
Si tratta di nomi noti: tra gli altri, i soprani Francesco Finaja (Checchino), Giuseppe Ceccarelli (Peppino), Giovanni Domenico Graziani, il contralto Pasqualino Tiepoli (Pasqualino), il basso Francesco Spinacciati. Tra gli strumentisti erano presenti il violinista Pietro Castrucci, il violoncellista Filippo Amadei (Pippo), il contrabbassista Giuseppe De Carolis e quattro organisti: Bernardo Gaffi, Giuseppe Gonnella, Matteo Simonelli e Biagio Scarci. Il documento è molto importante anche perché chiarisce che il repertorio eseguito il 23 gennaio era a quattro cori, data la presenza di quattro organisti e quattro alza-mantici.
Questa lista è particolarmente importante anche perché segnala «Domenico Scarlatti per battere al secondo coro». Si tratta della prima testimonianza in ordine cronologico della presenza a Roma del figlio di Alessandro. Con ogni probabilità al ventiduenne musicista napoletano il padre aveva affidato il compito di dare la battuta al secondo coro nell’esecuzione della sua Messa per il Santissimo Natale. La seconda parte della lista si riferisce probabilmente all’esecuzione della Messa suddetta, della quale è annotato anche il pagamento per la copia («la messa nuova»), insieme con quella per due mottetti non specificati.
Il manoscritto della Messa è conservato in parti staccate nell’Archivio della basilica. È il primo grande capolavoro sacro del maestro siciliano e prevede un organico a nove voci divise in due cori ai quali si aggiunge una coppia di violini, evidentemente per conformarsi alla consueta presenza di questi strumenti durante il Natale.
Sebbene scritta in uno stile concertante, questa partitura affonda le radici nella grande stagione della polifonia rinascimentale. Scarlatti utilizza la tecnica della “messa ciclica“, vale a dire la riproposizione dello stesso materiale musicale in alcune sezioni della messa. La coppia dei violini ha sempre un proprio decorso autonomo rispetto alle voci.
Il risultato è una partitura di grande spessore timbrico, che segue il modello del concerto corelliano, inteso come procedimento compositivo basato sull’alternanza e il contrasto declinati su vari parametri: lo stile, la dinamica e l’agogica. Il momento più sublime è l’Agnus Dei, che esprime come meglio non si potrebbe la peroratio, l’implorazione finale secondo uno schema retorico.
Come non emozionarsi, ancora oggi, ascoltando questa pagina intrisa d’intensa commozione, con le sue delicate dissonanze e i ritardi sulla parola “miserere”?
Foto: in cover Carlo Maratta, Natività, 1654 ca., Roma, Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami