Dopo 24 anni di assenza, “I Vespri siciliani” di Verdi tornano al Teatro alla Scala, dal 28 gennaio al 21 febbraio, in un nuovo allestimento firmato da Hugo de Ana. Sul podio Fabio Luisi alla guida di un cast capitanato da Marina Rebeka, Piero Pretti e Luca Micheletti.
Il ’600 dimenticato di Giovanni Legrenzi
I
l secondo Seicento è un periodo di personalità straordinarie di compositori, basta pensare a Henry Purcell, Jean-Baptiste Lully, Alessandro Stradella, Heinrich Ignaz Franz Biber. Accanto a questi fuoriclasse assoluti s’incontrano figure forse meno titolate ma comunque di spicco e spesso trattate con una considerazione minore rispetto a quella che la loro musica meriterebbe.
Uno di questi autori è indubbiamente Giovanni Legrenzi che, attivo in ogni ambito compositivo dell’epoca (musica vocale sacra e profana, opera teatrale, produzione strumentale), contribuisce in misura decisiva a modellare lo stile del secondo Seicento nell’Italia settentrionale.
Nato a Clusone, in Valle Seriana, nel 1626, figlio di un violinista, Legrenzi studia forse a Venezia per diventare nel 1645 organista a Santa Maria Maggiore a Bergamo, poi nel 1656 maestro di cappella all’Accademia dello Spirito Santo a Ferrara, dove incomincia anche a comporre e far rappresentare opere teatrali.
In seguito Legrenzi cerca di ottenere o rifiuta nuovi incarichi di prestigio nell’Italia settentrionale e all’estero (Modena, Bergamo, Vienna, Parigi, Milano, Parma, Bologna) per stabilirsi a Venezia intorno al 1670. Qui lavora all’Ospedale dei Derelitti e all’Ospedale dei Mendicanti, prima di competere per il posto più importante a Venezia, quello di maestro di cappella di San Marco: in un primo tempo, alla morte di Francesco Cavalli nel 1676, gli viene preferito Natale Monferrato, ma poi, dopo essere stato nominato vicemaestro nel 1681, Legrenzi è eletto maestro di cappella nel 1685.
Negli anni in cui lavora a San Marco – sino al 1687, quando è costretto ad abbandonare l’incarico per ragioni di salute – la Cappella Marciana conosce un periodo di splendore, incrementando il numero dei cantanti e degli strumenti sino a raggiungere un’ampiezza mai raggiunta in precedenza (con un coro di oltre trenta cantanti e un complesso strumentale di altrettanti elementi). La soddisfazione delle autorità veneziane per il suo lavoro è testimoniata dall’elevato stipendio corrispostogli, che nel 1687, all’apice della carriera, raggiunse la somma di 470 ducati. Ormai infermo, Legrenzi si spegne a Venezia nel 1690.
La notizia secondo la quale Antonio Vivaldi sarebbe stato suo allievo è probabilmente falsa, anche perché quando Legrenzi muore il futuro «Prete Rosso» ha appena dodici anni. Comunque sia, Vivaldi deve qualcosa a Legrenzi, come l’ambizione di padroneggiare tutti i principali generi vocali e strumentali del tempo o, sul piano più propriamente compositivo, la predilezione per la chiarezza delle linee e l’incisività delle idee in un contesto armonico già pienamente tonale e il rilievo attribuito alle progressioni e all’impiego di temi utilizzabili sia in modo maggiore sia in modo minore. E l’influenza di Legrenzi sui compositori più giovani si estende al di là dell’ambiente veneziano sino a Giuseppe Torelli, Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel.
A riportare l’attenzione su Legrenzi e sulla sua musica è stata di recente un’iniziativa tanto meritoria quanto ambiziosa dal titolo Musica Mirabilis, il Festival Musicale Internazionale «Giovanni Legrenzi», organizzato dal Comune di Clusone con il contributo della Regione Lombardia e diretto da Giovanni Acciai e Ivana Valotti.
L’iniziativa prevede una programmazione di cinque anni sino al 2026 (ricorrenza del quarto centenario della nascita del compositore) con concerti, incontri, un concorso internazionale riservato a gruppi vocali e strumentale formati da giovani musicisti, una giornata di studi.
Il concerto inaugurale si è tenuto l’8 ottobre nella Chiesa della Beata Vergine del Paradiso a Clusone, con la prima esecuzione moderna delle Compiete op. 7 a cinque voci e basso continuo (1662) affidata alla Nova Ars Cantandi diretta da Giovanni Acciai e con Ivana Valotti all’organo.
Apprezzato a livello internazionale per la qualità delle sue interpretazioni e registrazioni di musica vocale sacra del Sei-Settecento, il complesso fondato da Giovanni Acciai nel 1988 è del resto l’anima del progetto dedicato a Legrenzi e di cui l’etichetta Naxos ha di recente proposto un’anticipazione che assume anche il senso di viatico benaugurante: la prima registrazione assoluta della Harmonia d’affetti devoti op. 3 (1655), che viene così ad aggiungersi a quella delle Compiete op. 7. Tra gli interpreti e i complessi invitati al festival, Claudio Astronio, Maurizio Croci, l’Insieme Strumentale di Roma con Giorgio Sasso, i Talenti Vulcanici di Napoli con Stefano Demicheli, Sezione Aurea con Luca Giardini e poi ancora La Vaghezza e la Cappella Marciana diretta da Marco Gemmani.
Musica Mirabilis si concentra, com’è ovvio, sulla musica vocale sacra e sulla produzione strumentale di Legrenzi. Resta per ora sulla carta, sulla base dei finanziamenti che saranno disponibili, l’intento di mettere in scena una delle opere teatrali di Legrenzi: ma si sa, quando c’è di mezzo l’opera tutto si complica in misura esponenziale, a incominciare dal teatro che può produrre e accogliere l’allestimento e dai relativi costi…
Foto: la Chiesa della Beata Vergine del Paradiso a Clusone, città natale di Legrenzi, e la Basilica di San Marco dove fu maestro di cappella dal 1685 al 16