Dopo 24 anni di assenza, “I Vespri siciliani” di Verdi tornano al Teatro alla Scala, dal 28 gennaio al 21 febbraio, in un nuovo allestimento firmato da Hugo de Ana. Sul podio Fabio Luisi alla guida di un cast capitanato da Marina Rebeka, Piero Pretti e Luca Micheletti.
Compositori in cerca d’invenzione
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assate le sbornie ideologiche, divincolati dal marchio violento di Stockhausen e Boulez, insofferenti alle formule perché è stato detto tutto, i compositori si offrono in una vera e propria mutazione genetica. I parametri sono stati sconvolti, mentre tutto è uguale e appiattito verso il basso, da Monteverdi ad Allevi.
Andrebbe creata una casa della percezione.
Facciamo questa considerazione ripensando alle conversazioni avute nel tempo con Berio, con Francesconi, con Reich, con Adams. E ora con Giorgio Battistelli, ultimo Leone d’oro alla Biennale di Venezia.
I compositori del nostro tempo, uniti nel non opporsi alla memoria, nella necessità di reinventarsi smettendola con attitudini «colonizzatrici», si confrontano con una definizione che aborrono (come aborrono concetti come trasversalità e contaminazioni), ma con cui devono fare i conti: musica contemporanea. Che ha un significato stilistico e non di contenuto, è diventata cioè un genere, come l’hip hop.
Non c’è un’estetica dominante, ma correnti che sono invecchiate e diventate maniera, il modernismo dei post-seriali, e gli «ex ragazzi ribelli» che vanno in direzione contraria, aggrappati alla divina cometa della melodia, ripetuta all’infinito. Il problema è che questa libertà è difficile usarla.
L’incrocio di etnie, le sperimentazioni elettroniche, la tecnologia che ha imposto un cambio di ritmo, un’accelerazione, una navigazione sul pelo dell’acqua dove non c’è tempo per nulla, si rimbalza da un link all’altro, eliminando le differenze. «La tecnologia è fondamentale, è una protesi creativa», ci ha detto Battistelli, rivendicando una dimensione etica dell’artista oggi scomparsa. Ma chi è, oggi, un compositore?
Lui, nella società, lui che porta la sua musica ovunque nel mondo, si considera un extracomunitario; dice che non c’è un ruolo vero nel presente, non c’è un momento di denuncia, un pensiero contro l’omologazione in senso pasoliniano: «Si vuole sedurre ed essere sedotti».
La musica è diventata una magnifica metafora dell’esistenza umana nella contraddizione tra capacità di elaborazione intellettuale e indagine in territori sconosciuti e ignoti.
L’unica cosa certa, come diceva Franco Donatoni, è che l’invenzione va cercata ogni giorno.
In foto © Archivio Ricordi